ROMANZI


UNA GIORNATA DI IVAN DENISOVIC


AUTORE: Aleksandr Solzenicyn

ANNO DI PUBBLICAZIONE: 1971

GENERE: storico

CASA EDITRICE: Einaudi

Presentazione

Una giornata di Ivan Denisovic è il libro che ha rivelato al mondo lo scrittore Solzenycyn. In un'opera di classica sobrietà è evidente la chiarezza espressiva. Il libro si presenta come un'autobiografia spirituale di un deportato in un lager.

Trama

La giornata di un detenuto inizia dalla sveglia alle cinque del mattino dove un soldato batte violentemente un pezzo di metallo. I prigionieri sono costretti a scendere dai loro letti a castello, ad indossare velocemente i valenti, un particolare tipo di stivale, e a mettersi i loro giacconi numerati per permettere il riconoscimento da parte dei soldati. Infine devono dirigersi verso il cortile principale dove verranno contati e perquisiti uno per uno.
Questa mattina per Ivan Denisovic è un po' particolare perché si sente poco bene e non ha voglia di scendere dal letto ; aspettò fino all'ultimo momento disponibile e poi raggiunse anche lui i suoi compagni della squadra 104 , successivamente sarebbe corso dal medico del campo per essere visitato e magari farsi esonerare dal lavoro.
Dopo la perquisizione ,che per ogni prigioniero è massacrante dato che sono costretti a svestirsi quasi completamente pur essendoci temperature polari, Ivan raggiunse subito il medico il quale però non lo esonerò perché non aveva più permessi disponibili.
Intanto Tjurin ,il caposquadra, era andato dai dirigenti del campo per farsi assegnare il lavoro per la sua squadra;quel giorno la 104 era stata assegnata alla costruzione delle pareti di una vecchia fabbrica situata all'esterno del campo.
Comunicato il lavoro da svolgere, si portarono tutti verso la vecchia fabbrica e iniziarono i preparativi per il lavoro: un gruppo di prigionieri iniziò ad accendere la stufa mentre ad Ivan e Kilgas ,che erano i più intelligenti del gruppo, toccò il compito di chiudere delle grandi finestre in cima alla stufa, per permettere il riscaldamento. Con il permesso del caposquadra ,i due andarono a rubare al deposito utensili del cartone catramato , intanto Ivan si fermò anche a prendere la sua cazzuola preferita che aveva nascosto. Da libero Ivan era un muratore e quindi l'idea di svolgere quel lavoro non gli pesava per niente.
Ritornati alla fabbrica posizionarono correttamente i cartoni sulle finestre e poi decisero come fabbricare dei pontili per raggiungere il muro da terminare; ma ormai era inutile cominciare i lavori perché era giunta l'ora del rancio.
Tutta la 104 raggiunse la mensa ,dove potevano entrare solo due squadre per volta ,e dovettero aspettare il proprio turno. Il cuoco era solito versare due mestoli per volta nelle scodelle dei detenuti e contarle in modo che non potesse sbagliare a consegnarle;arrivato il turno della 104 Ivan e Kilgas consegnarono tutte le scodelle della squadra ma il cuoco giunto a metà del conto venne distratto e subito i due ne approfittarono porgendogli due scodelle in più e imbrogliando sul numero ;così alla fine Ivan si ritrovò con una razione in più della sua cascia. Intanto Tjurin si era dovuto fermare dai dirigenti del campo e aveva affidato il comando a Pavlo.
Terminata la cascia tornarono tutti alla fabbrica e si divisero i compiti: c'è chi portava i mattoni, chi ,come Ivan, li metteva in opera e chi produceva continuamente la calcina facendo sciogliere la neve sulla stufa e mescolando l'acqua con la calce.
Tornato ,il caposquadra, si mise subito anche lui a lavorare ; il suo compito era di riuscire a chiudere bene la percentuale con i dirigenti per il lavoro svolto dalla sua squadra e se questo avveniva apportava vantaggi a tutti i prigionieri della 104 cioè: quattro giorni di ranci buoni. Il lavoro doveva essere svolto molto rapidamente perché la calcina appena posata si induriva subito a causa del gelo, così tutti dovevano lavorare molto rapidamente.
Intanto giunse a sovrintendere i lavori Der ,il capomastro, e Tjurin si adoperò perché tutto andasse nel verso migliore, ma Der notò immediatamente il cartone catramato a chiusura delle finestre e chiese chi fosse stato il responsabile. Il capo si addossò tutta la colpa per proteggere la sua squadra e subito Der andò a fare rapporto.
Il lavoro stava per terminare e i prigionieri dovevano correre a riconsegnare gli utensili perché stava per cominciare la conta e la perquisizione , ma Ivan rimase a finire l'ultimo secchio di calcina altrimenti l'indomani non sarebbero più riusciti a toglierla. Terminato il lavoro corse a nascondere la sua cazzuola e poi raggiunse il gruppo mentre la conta era già cominciata; quella sera però risultò più lunga del previsto perché mancava un prigioniero e fino a quando non si ritrovò, i detenuti dovettero aspettare impietriti dal gelo.
Ivan che passò per primo alla perquisizione corse all'ufficio consegna pacchi per tenere il posto a Tsezar il quale doveva ritirare un pacco mandatogli dalla moglie. Quando arrivò ad occupare il suo posto, Ivan si diresse subito verso la mensa dove avrebbe mangiato ancora due razioni di cascia: la sua e quella di Tsezar.
Ritornati tutti nella propria baracca Ivan si fermò sul letto di Tsezar sperando in una ricompensa per il favore che gli aveva fatto e ricevuto quel che voleva se ne andò da un altro prigioniero in una baracca vicina a comprare due bicchieri di tabacco per fumare, poi ritornò al suo letto.
Una guardia entrò nella baracca a prelevare il caposquadra per portarlo in cella per dieci giorni, mentre una sentinella richiamava tutti i detenuti per l'ultima conta.
La giornata per Ivan non poteva essere andata meglio: il suo stomaco era sazio e il lavoro alla fabbrica era stato quasi un piacere e inoltre aveva evitato la cella; ora gli rimanevano da scontare 3656 giornate come quella.

Personaggi

Ivan Denisovic: un prigioniero di un gulag russo di cui viene narrata una sua giornata tipo

Tjurin: caposquadra del gruppo 104 di cui faceva parte Ivan

Tsezar: prigioniero appartenente alla squadra 104 molto amico d'Ivan

Kilgas: prigioniero d'origine lettone

Pavlo: prigioniero vice caposquadra del gruppo 104

Klevsin e Gopcik: prigionieri nello squadrone d'Ivan

Der: il capomastro

Giudizio

Mi ha molto coinvolto il racconto perché presentava ogni parte della giornata con molti particolari tanto che si percepiva persino il trascorrere delle ore. Su un punto però mi ha un po' deluso : nell'intero racconto non viene mai descritta un'esecuzione o una punizione che i detenuti dovevano subire oppure cenni a qualche tentativo di fuga con relative conseguenze. Interessante è stato anche capire le difficoltà e i lavori assurdi che i prigionieri dovevano compiere a temperature proibitive.
Questo libro ha messo in evidenza le enormi differenze tra un campo di concentramento russo e uno tedesco.

Autore

Alessandro Lamborghini